I miti gli eroi e le leggende del passato
L'enigma di Ahriman
Il deserto del Soravak è orribile. Tutto il fuoco di Ormuz non è riuscito a sviluppare un germe di vita nella sua sterile arena. Né una fonte, né una pianta; solo nubi di cenere ardente sopra la quale nemmeno l'aquila del Caucaso azzarda a levarsi nel poderoso volo. Guai a colui che pretende decifrare il mistero di quella immensa solitudine! Sciami di repellenti locuste gli frusteranno il viso, rettili velenosi lo faranno morire tra tormenti inauditi. Se stremati dalla terribile calura e dalla stanchezza, vi sentirete venir meno sul calare della sera, non avvicinatevi a quell'ombra amica. No, non è la nube che fertilizza i campi, non è quella degli alberi, riparo del pellegrino. Ahriman l'ha lanciata qui. I neri panni della morte sono quelli che vi danno rifugio, è il vampiro che vi addormenta con le sue ali membranose per bere il vostro sangue e trasportarlo ancora caldo all'interno del suo corpo ripugnante. Vorreste fuggire da un pericolo così grande? Allora non passate di li. Non lasciatevi sedurre dall'incanto di questo lago nel quale si riflette l'elegante palma e il verde arancio dai suoi frutti dorati. Non avvicinatevi a questa magnifica città che fa brillare tra le rose di Bengala le sue cupole d'argento. E' lo specchio ingannevole di Eblis. Non vi accorgete di come fuggono davanti a voi? Non udite questo rumore più potente del fragore del tuono, più profondo e impetuoso del mare del mare in tempesta?. E' il sibilo del serpente di Ahriman. Il serpente di Ahriman che innalza fino al cielo l'Oceano, con i suoi poderosi anelli, che ora raccoglie nella sua immensa spirale tutta la sabbia del Chazna; che vi abbraccia, vi stringe, che vi affoga, che vi stritola, che lancia nello spazio in minutissima polvere le vostre ossa.
Quello che biancheggia nel Soravak non è sabbia calcinata, sono resti umani, resti delle vittorie di Ahriman. Senza dubbio, egli stesso lo ha promesso. A colui che riuscirà a guardarlo faccia a faccia gli darà in dono la ricchezza e il potere.
Capitolo II
Chi è questo temerario che si azzarda a superare le barriere del deserto? Non è un eroe dalla pelle indurita dai rudi azzardi della guerra, è un ragazzo nel cui viso biancheggia ancor il latte che ha bevuto dal seno di sua madre. Non porta una poderosa carovana di cammelli con gli otri rigonfi di acqua, né squadroni di negri con archi e lance per difenderlo dalle fiere e custodire le tende.
Va solo, completamente solo, lasciando le terre coltivate, ha lanciato nel Argandab la sua cesta di viaggio. Senza dubbio, riuscirà a realizzare il suo desiderio. Un mago lo aveva predetto. Qui c'è, disse stendendo le mani sopra la culla, quello che risolverà l'enigma di Ahriman.
Capitolo III
Ahriman ha mantenuto la sua parola. Il pellegrino del deserto abita oggi nella corte degli Sceicchi, in palazzi di marmo, sotto tetti di cedro incrostati di madreperla; i suoi piedi, bruciati dalla sabbia ardente, affondano ora nei tappeti di Delhi.
Ma, quanto sono avvelenati i doni di Arhiman! La soddisfazione è stata sostituita dall'astio, lo sdegno ha preso nel suo cuore il posto della speranza. Con il suo numeroso seguito passeggia per le vie di Ctesifonte la magnifica: il suo sguardo distratto si fissa appena su meravigliosi porticati, sui bazar ricolmi di sete e pietre preziose; le sue labbra indifferenti sembrano dischiudersi per mormorare: Dove incontrerò qualcosa che io possa desiderare?
Ma subito si è fermato: Cos'è quella fiamma azzurra, domanda, che illumina quella stanza della luce più pura del più brillante dei Feveres? E', gli rispondono, il diamante azzurro; cinque grandi città dell'Oriente, cento cammelli carichi di oro non sono sufficienti a pagarlo.
Il diamante azzurro è mio, esclama gettando al suolo una moneta.
Arhiman è stato di parola; quella moneta produce un'altra moneta, quelle due monete producono altre cento monete; hanno già ricoperto il suolo e minacciano di riempire la stanza. Basta, dice il mercante, il diamante è tuo, in verità ti dico che sei l'uomo più ricco della terra.
Ma, quanto sono avvelenati i doni di Arhimanes! Fuggi, dicono all'uomo del deserto, fuggi, lo sceicco vuole impadronirsi del tuo diamante, fuggi se non vuoi che le tue ricchezze siano la causa della tua morte.
Capitolo IV
Di nuovo, il giovane viaggiatore ha calpestato la sabbia del Soravak. Perfido Ahriman! Grida; qui c'è la tua moneta. A che serve la ricchezza senza il potere?
Con il fragore di cento trombe avanza il serpente di Arhiman. Un bastone rigido, come lo scettro di un re è caduto ai piedi dell'uomo del deserto.
Grazie, Arhiman, disse, innalzando il bastone verso il cielo: Ora si che sono il più potente tra i mortali.
Capitolo V
Anche questa volta Arhiman ha mantenuto la sua promessa, il pellegrino del deserto, il proscritto di Ctesifonte cinge sulla fronte la corona dello Scià degli Scià, tutti i popoli dell'Oriente obbediscono alla sua voce.
I lavoratori irrigano i campi col sudore della loro fronte per riempire i suoi granai, i minatori scendono nelle viscere della terra per incrementare il suo tesoro, i guerrieri spargono il loro sangue nei combattimenti per attribuirgli le loro vittorie, i saggi si consumano in veglie affinché possa gloriarsi con i loro consigli., le madri partoriscono figli per farne i suoi servi e le sue concubine.
L'arte fa gridare ai marmi, ai bronzi, ai colori, ai suoni e alle parole:
“Gloria al più saggio, gloria al più valoroso, gloria al più giusto e al più grande degli Scià! Com'è stancante, pensò il principe, ascoltare sempre le stesse lodi di retorica!
Voglio ascoltare dalla loro stessa bocca le lodi e le benedizioni di questa gente che faccio così tanto felice.
Travestito, si recò alla piazza dei mercanti e udì quello che i mercanti mormoravano:
“ Che sia maledetto questo principe indolente che permette ai suoi ministri di appropriarsi del frutto dei nostri calcoli e dei nostri viaggi ”.
Andò via per dirigersi al mercato del grano e udi i lavoratori che dicevano:
“ Che sia maledetto questo principe avaro che ci opprime con i suoi tributi e priva del necessario sostentamento i nostri figli, per sperperarlo con cortigiani gaudenti ”!
Confuso in un gruppo di soldati, ascoltò che unanimemente ripetevano:
“Che sia maledetto questo principe codardo che sparge il nostro sangue in guerre ingiuste, per attribuirsi poi il nostro trionfo, lui e quelli come lui che non oltrepassano mai la retroguardia” .
Allora fingendosi straniero si diresse verso il Consiglio dei saggi e per mezzo di un'interprete parlò con loro: “ Anche tra i nostri saggi è giunta la fama del vostro principe e ci inviano a voi, saggi sostenitori del suo trono, affinché ci presentiate a lui per illustrargli la nostra dottrina”. I saggi sorridendo gli risposero: “ Il principe è per noi quello che è un giocattolo in mano a un bambino; La sua bocca ripete il nostro pensiero, a nostro capriccio gli facciamo approvare ogni sorta di documento, la sua mano sanziona ogni nostro volere, i suoi servi sono le nostre spie, i suoi capitani e i suoi soldati sono le guardie con le quali lo teniamo prigioniero. Vedete, siamo così sicuri del nostro potere da non aver timore di parlare davanti a voi”.
Il principe tornò al palazzo mormorando: “ Il perfido Arhiman mi ha ingannato di nuovo. A cosa serve il potere senza il sapere? “
E per la terza volta si incamminò verso il deserto.
Capitolo VI
Il principe si trova solo in una caverna del Khorasan. Gli occhi fissi su un libro non gli hanno fatto vedere che non è più la luce del sole a rischiarare quegli strani segni che sta leggendo. La sua mano traccia nella sabbia figure misteriose che torna a cancellare in un momento di disappunto.
E passano le ore e già le stelle che illuminano il cielo segnalano la mezzanotte.
Ma che nuovo soffio di vita anima tutto il creato, che strana vibrazione percorre l'aria?
Che stretto legame d'amore riunisce tutti gli esseri, mitiga i suoi dolori e li bagna in un oceano invisibile di delizie?
E' che la parola segreta, la parola perduta è stata trovata. E' che la natura incantata dall'ignoranza si è risvegliata, è che solo ora riconosce in quel figlio che l'ha disconosciuta, quello che l'ha risvegliata dal suo profondo abbandono, e che in un delirio di amore l'abbraccia con le sue infinite braccia, la circonda con carezze, le mostra tutto il suo potere per soddisfare i suoi capricci.
“ Comanda ”, gli dice uno dei suoi Geni, ” Io porterò il tuo volere nelle mie ali invisibili che percorreranno milioni di leghe in un secondo”.
“Comanda “, gli dice l'altro, “ Io sono quello che solleva le montagne e sprofonda gli abissi, io sono quello che sospendo senza sforzo miriadi di miriadi di soli nello spazio. Immagina, inventa, desidera, io tutto unisco e tutto trasformo, io penetro il tutto, io rendo manifesto il più recondito, io sono la catena misteriosa che unisce e che separa.... Libera il tuo pensiero.... io opero in infinite direzioni, io soddisfo tutte le necessità creando strumenti perfettissimi, io faccio di ogni essere un mondo, però un mondo che si muove, che sente e che sa, perché io sono il genio dell'organismo e della vita.Cerca, immagina, non porre limiti al tuo desiderio, ripetono tutti, per grande che sia quello che progetti, tutto è piccolo per noi ”.
“Che il giorno della felicità sia quello del beneficio” , gli risponde il principe, il cui viso era illuminato da un'aureola divina. “ Voi Geni della terra, fate di questa sterile valle che ci circonda abitazione degne per l'uomo. Mostrate ad Arhiman nel suo dominio fin dove arriva il nostro potere “. Disse, e già inizia germogliare, tra le dorate spighe di grano, il mandorlo i cui fiori precoci annunciano l'arrivo della Primavera, così delicati da morire al primo gelo, come le illusioni al primo disinganno. Il castagno dal dolce frutto difeso da pungenti spine, ricopre le rocce vicine, allora la valle di Farsistan, di Gondova e di Chilan appaiono innevate da fiocchi di lieve cotone che il vento strappa via. Da allora i pantani di Chilan riflettono le verdi piante di riso dai nutrienti chicchi. E lo zafferano, l'hennè che offrono tinte indelebili, e il gelso che si ricopre del bruco, l'instancabile lavoratore che tesse i vestiti dei re, e la valle dello Schwar che offre il suo pregiato vino che riscalda il cuore. E tutto il suolo si ricoprì con uno spesso tappeto di rose capace di profumare l'universo, sopra le quali corre il nobile cavallo del Farsistan, l'allegra capra e il bue dalla lunga coda. E al limite del deserto, sfidando il Dio dell'ombra edificarono Chazna, bianca colomba posata in un canestro di frutta e di fiori. E i Feveres sorridevano con il loro sorriso di luce.
Ma è qui che i maledetti Dews di Ahriman mostrarono la loro maledetta ombra, e sorridendo maliziosamente gli dissero:
“A che serve tanta fatica per fecondare il deserto? Il serpente di Ahriman si nasconde sotto l'erba. Quello che hai visto nel Soravak non è altro che la sua ombra. Il serpente di Ahriman abita nel cuore degli uomini. Di tutti i frutti che gli hai offerto, l'uomo non gusterà altro che il veleno ”.
Il principe disperato lancia il suo scettro prima di lanciarsi nell'abisso.
Sopra l'aguzzo picco, sospeso tra due immensità, attratto dal richiamo di Ahriman che lo chiama dal profondo dell'abisso, il principe che già sente il suo pensiero diventare sempre più evanescente e il suo piede vacillare, innalza un ultimo sguardo verso il cielo prima di sprofondare verso il profondo.
Ma appena il suo sguardo accarezza quella linea indistinta che confonde il cielo e la terra, si rompe un sigillo del portentoso libro e appare in una delle pagine inciso a caratteri luminosi queste parole:
“Questa è la rivelazione di Ormuz a Zaryuk: Fare il bene, combattere il male è la missione dell'uomo sulla terra”.
Le sante parole vincono il maleficio del genio dell'oscurità; l'immensa serpe si disperde come nubi disperse dall'uragano, e ode la disperazione del principe che con generosità esclama: “ Io lo combatterò; che il fuoco di Ormuz arda in cima a tutte le montagne, e che la sua luce sacra purifichi tutti i cuori. Guai a colui che pretende sulla terra opporsi ai decreti di Dio! ”
Ma la serpe di Ahriman non è stata annientata completamente dalla fiammeggiante frusta dei brillanti Feveres; la sua nera coda è rimasta nascosta nelle cavità della montagna. Come il mefitico gas che si eleva a tradimento dai laghi, così la sua ombra esce per oscurare la luce .All'inizio vapore impercettibile, più tardi leggera nebbiolina che appena offusca l'aria trasparente del cielo, si trasforma in una gigantesca figura.
Si avvicina al principe e gli dice con voce roca:
“ Vuoi combattere, qui c'è l'armatura da guerra “. Soffia il principe nel suo vuoto pugno, l'eco ripete sette volte il suo suo suono, tutti i guerrieri della Persia accorrono.
Come la terra trasformata in un mare di fuoco dalla cometa Gurchet precipita nel Dursak, cade il formidabile esercito sopra il campo degli infedeli.
Attraversa il principe il risonante campo di battaglia, lo spavento, la desolazione e la morte camminano davanti a lui.
Chi potrà raccontare la vittoria dell'esercito persiano!
I selvaggi Unni fuggono nella steppa ad occultare la vergogna della sconfitta, l'arabo indomabile e nomade si sottomette al giogo, il poderoso indiano si riconosce nostro schiavo, l' Egitto, la Nubia e l'Etiopia si sottomettono come ai tempi di Cambise, Dara, la forte Dara fa brillare sulle sue torri lo stendardo dei persiani, quelli che erano
i signori della terra, gli orgogliosi imperatori, vengono umilmente ad offrire i loro tributi. Tutti si prostrano davanti al principe, tutti gli rivolgono questa supplica:
“ In verità tu sei il re dei re, non c'è valore come il tuo valore, non c'è potere che prevalga sul tuo potere. Hai reso infecondi i nostri campi, hai distrutto le nostre città, ti sei appropriato delle nostre ricchezze. Abbi pietà della nostra sorte, lasciaci almeno nella nostra disgrazia, la libertà per noi e i nostri figli. Ma la furba ipocrisia che ha rubato alla ragione il suo bianco velo, trattiene la parola perdono dalle labbra del principe, dicendogli: “ Sono i maledetti servi di Ahriman, ricordati che hai promesso di sradicare il male sopra la terra. Che si sottomettano alla legge di Zeryuk, o che i loro corpi siano gettati nei precipizi affinché non sia contaminata né la terra né il fuoco con la loro maledetta ombra “.
E i deboli si sottomettevano, però i forti mormoravano:
“ Come possiamo obbedire ad una legge che non comprendiamo? Per caso il tuo Dio ordina la menzogna “? Ma il principe non poteva ascoltarli, perché l'ipocrisia aveva tappato le sue orecchie. Vedeva le lacrime sul viso delle donne che solcavano la polvere mentre si strappavano i capelli; vedeva i bambini che si stringevano forte ai loro genitori con la forza delle loro esili braccia, tanto che neanche il boia osava separarli. E di nuovo la parola perdono fu sul punto di uscire dalle sue labbra.
Ma il cieco fanatismo travestito con la candida veste della fede si interpone trattenendolo: “Chiudi i tuoi occhi davanti a l'umano e guarda solo al divino”, dice, e fa calare sui suoi occhi una benda nera, mentre ordina ai boia, “ammazza! ammazza! “
Allora una voce tremenda si lascia ascoltare dal principe e gli dice:
“ Hai voluto conoscermi, ora sono qui. Io sono la serpe del deserto, io sono la disperazione che ti chiamava dal fondo dell'abisso, io sono quello che ha chiuso i tuoi occhi alla luce e le tue orecchie alla pietà, io Ahriman, sono colui che ha sollevato tutto il popolo contro di te, quello che ha sconfitto il tuo esercito vittorioso, mi riconosci Anarchivan, in colui che ha armato del pugnale che doveva assassinarti, la mano di tuo fratello e di tuo figlio. Non vedrai più la luce; l'ombra, l'odio e la disperazione sono il tuo destino, così come il mio. Allora vieni, vieni nel Dursak per essere il primo dei miei Dews “.
“ Invano mi hai avvolto nella tua ombra, oh Ahriman “, replica il principe, “ ho finito di conoscerti e ora non puoi nulla contro di me. C'è una cosa più arida della solitudine del deserto, c'è un vuoto più profondo degli abissi, c'è qualcosa più ingannevole dell'ipocrisia, più nero dell'ombra, più cieco del fanatismo, questo sei tu, trema, Ahriman, io ti ho conosciuto con il tuo vero nome, tu sei l'Ignoranza, solo l'ignorante può pensare di fare del bene causando il male agli altri “.
Allora Ahriman si ritirò pieno di vergogna mormorando:
“ Mi hai conosciuto, oh principe, ora non posso fare più nulla contro di te. Come può servire il male chi lo conosce? Un giorno verrà la luce che penetrerà fino al Dursak e mi spoglierà della mia ombra, trasformandomi forse nel più brillante dei Feveres “. Allora il principe rivolgendosi agli astanti ordinò che si scrivesse:
“ Qui c'è tutta la saggezza di Anarchivan il più saggio di tutti i re della Persia
Combattere l'ignoranza è fare il bene più grande”.
Federico de Castro y Fernandez